Cerca nel blog

lunedì 31 maggio 2010

Andrea Camilleri: «Sembra di vivere nel modo di Alice nel paese delle meraviglie»



«Alcune cose oggi vanno fatte per ripicca»! Con la sua tipica ironia Andrea Camilleri ha presentato oggi a Roma, nella bottega di Libera, il video per la raccolta fondi del 5x1000 dell'associazione antimafia. Di fronte ai prodotti coltivati nei terreni confiscati alle mafie non riesce a trattenere le sue critiche nei confronti dell'azione “antimafiosa” sbandierata ai quattro venti dal governo Berlusconi e dalla sua maggioranza.

Stiamo assistendo, sottolinea Camilleri, ad «un continuo tentativo, spesso riuscito, di ostacolare le libere iniziative della società civile per ostacolare le mafie». Vedendo «una buona parte delle leggi di questo governo -aggiunge - ad una mente malata volta al male come la mia viene da pensare: vai a vedere che dietro c'è un atto di favoreggiamento nei confronti delle mafie»? Basti pensare alla legge che prevede la vendita dei beni confiscati alla criminalità organizzata, poi, in parte, rientrata grazie alla forte protesta della società responsabile del nostro paese. Oppure, i tagli nei confronti delle spese per le forze dell'ordine.

Capita, così, di leggere sui giornali che «35 camorristi in carcere a Milano, che devono essere trasportati in tribunale, a causa del taglio del personale non possono essere scortati». Quindi, chiosa Camilleri, si rinviano i processi, e di rinvio in rinvio si arriva alla prescrizione. Oppure capita di leggere che dei «detenuti nel carcere di Trapani non possono essere trasportati in tribunale a Palermo perchè non ci sono furgoni a sufficienza per portarli». Sembra di sentir raccontare delle barzellette, ma si tratta di storie vere che quotidianamente impediscono a magistrati e forze dell'ordine un'efficace azione di contrasto alle mafie.

Può, infine, capitare di leggere che la legge sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali è pensata per tutelare anche la privacy dei mafiosi. «Sembra di vivere nel mondo di Alice nel paese delle meraviglie», commenta Camilleri. Quella sulle intercettazioni è una legge «a favore dei mafiosi per le difficoltà che impone ai giudici». Tuttavia, aggiunge, non bisogna cadere in errore: «il vero scopo della legge è di impedire che le intercettazioni siano fatte. Lo scopo secondario è di impedirne la divulgazione». Quindi è prima di tutto un attacco nei confronti della magistratura e degli organi inquirenti, e in seconda battuta alla libertà di stampa.

Infine, una frecciata al Corriere della Sera che nel magazine Sette dello scorso venerdì aveva duramente criticato Camilleri e i suoi romanzi. «Malgrado che il mio Montalbano viene accusato di essere colluso con la mafia, al pari di Andreotti, Dell'Utri e Contrada, il suo autore non è colluso».

Nei confronti di questo Governo «alcune cose oggi vanno fatte per ripicca», impegnandosi in prima persona in una direzione opposta e contraria a quella dettata da Arcore...

domenica 30 maggio 2010

La crisi, i giovani e le ombre del ceto medio

di Francesco Gloriani

Tempi duri, stringere la cinghia, lacrime e sangue, “manovrone” e via dicendo: così l’informazione dipinge la crisi finanziaria dilagante che fa soccombere un po’ tutti: le imprese, le banche, le famiglie, la finanza, persino i governi, e adesso anche l’euro. Eppure qualcuno è stato salvato, così come molti sono stati mandati ancora più a fondo. A ricordarcelo sono le cifre del Rapporto sui diritti globali 2010: un progetto ideato e realizzato dall’Associazione SocietàINformazione (una onlus attiva sui temi sociali), promosso e sostenuto dalla Cgil, e a cui aderiscono anche ActionAid, Antigone, Arci, il Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza, la Fondazione Basso, il Forum Ambientalista, il Gruppo Abele e Legambiente.

Lapidaria la nota di presentazione: «Viviamo in una società sempre più spaventata del futuro, in cui i legami sociali sono sempre più deboli e quindi più fragile la sua coesione. Crescono l’individualismo e l’antagonismo laddove servirebbero relazioni e solidarietà». Emerge un ceto medio sempre più povero. Questo perché «l’inevitabile corrispettivo e conseguenza del too big to fail, del troppo grandi per fallire, è che vi sono i troppo piccoli, troppo deboli e troppo senza potere per essere aiutati. Anzi, sono loro a essere costretti ad aiutare i grandi – grandi e voraci – attraverso l’eterno gioco fondato sulla privatizzazione dei profitti e sulla socializzazione delle perdite». Un giudizio troppo ideologico? Ci sono numeri e percentuali che lo sostengono. Limitandosi all’Italia, i dati parlano per il 2008 di 2.737.000 famiglie (l’11,3% del totale) in condizioni di povertà. Con il ceto medio in bilico, pronto a raggiungere la parte più svantaggiata della popolazione: «1,8 milioni di famiglie giovani, a reddito medio-alto soffrono a causa del mutuo per la casa, che porta il 56,5% di loro ad arrivare con difficoltà alla fine del mese, il 54% a non poter accantonare un solo euro».

E ancora: «Nel 2009 le famiglie italiane si sono indebitate per 524 miliardi di euro, più del 2008: 21.270 euro per ogni cittadino. Per i lavoratori dipendenti, il debito annuo è di 15.900 euro, il 79,4% per la casa e il resto per consumi diversi». Pensare che un tempo gli italiani erano un popolo di risparmiatori, e il risparmio era tale da costituire una barriera di protezione contro le crisi finanziarie. Adesso questo risparmio s’è dissolto. Tra le ragioni principali ci sono i salari troppo bassi, al palo da un decennio: «Avere un lavoro non protegge dall’impoverimento. Più di 13,6 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese, di cui 6,9 milioni meno di 1.000». In sei anni, tra il 2002 e il 2008, «il reddito netto familiare ha perso ogni anno 1.599 euro tra gli operai, 1.681 euro tra gli impiegati». E quindi, nel 2009 «il 10% degli occupati è sotto la soglia della povertà (un dato tra i peggiori dell’Unione Europea, che conta in media l’8%)». Nel 2007 la percentuale era dell’8,6%. Sono quelli che le statistiche definiscono «working poor», poveri con un’occupazione, solo un po’ meno poveri dei disoccupati.

Il Rapporto annuale dell’Istat 2009 completa il quadro: ultimi tra gli ultimi sono sempre di più i giovani. Su di loro cresce il peso di una società sempre più sbilanciata dalla parte degli adulti. E il disagio aumenta se parliamo di famiglie giovani, e con figli. Per i giovani solo lavoro precario e spesso mal retribuito, se va bene. Perché c’è chi sta ancora peggio: sono coloro che l’Istat indica con l’acronimo Neet, che significa not in education, employnment or training (non lavorano, non studiano, non si formano). I Neet nel 2009 sono arrivati a oltre due milioni, il 21,2% dei 15-29enni. Semplicemente, stanno a casa e a carico dei genitori. Eppure – la stessa Istat lo ricorda – su tutti loro graverà un paese che nei prossimi 40 anni vedrà «crescere la speranza di vita fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; il numero dei giovanissimi fino a 14 anni ridursi a 7,9 milioni (appena il 12,9% della popolazione); la popolazione attiva contrarsi a 33,4 milioni (54,2% di quella totale) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su 5 a uno su 3 residenti nel 2050). In sostanza, «l’indice di dipendenza degli anziani potrebbe raddoppiare».

Cosa fare? C’è ancora la possibilità di invertire la rotta, di “non sprecare una buona crisi”, come alcuni economisti ed esponenti politici hanno suggerito negli ultimi mesi? Il Rapporto sui diritti globali 2010 ha una sua ricetta: «Uno dei principali punti di forza di un nuovo modello di sviluppo economico deve essere la convergenza fra reti di imprese sul territorio e reti telematiche. Questo non è un processo spontaneo, ma va perseguito con politiche mirate al recupero del ritardo strutturale del nostro paese nell’adozione di tecnologie innovative. L’Italia ha bisogno di un progetto forte anche sulle nuove frontiere della green economy, delle biotecnologie e della salute, delle infrastrutture materiali per una migliore mobilità e di quelle immateriali, costituite da reti relazionali complesse tra istituzioni, cultura, economia, ecologia e comunità locali». E per protagonisti i giovani, si spera.

sabato 22 maggio 2010

Il potere della parola

Da molto tempo, ormai, le parole si mostrano usurate dalla marea montante della comunicazione; la parola letteraria, in particolare, dissipata in mille travestimenti e umiliata dalla forza delle immagini, ha preso la strada dell'intrattenimento sempre più effimero e tranquillizzante. Come in ogni processo di assuefazione, gli scrittori reagiscono in vari modi: con un'escalation di contenuti hard, o con formalismi stuzzicanti, o gareggiando col cinema.

Walter Siti da "Saviano e il potere della parola".

venerdì 21 maggio 2010

Auto elettriche, verso la ricarica europea


Auto elettriche, verso la ricarica europea
di Erika Tomasicchio
L'Unione europea interviene a sostegno del veicolo del futuro. Una risoluzione approvata in questi giorni propone di stabilire uno standard per la ricarica comune a tutti gli stati membri
Spostarsi per l’Europa rispettando l’ambiente, magari a bordo di un’auto elettrica. Le automobili alimentate a batteria sono un mezzo di trasporto ecologico, ma ancora poco diffuso. Ora il Parlamento europeo interviene a sostegno del veicolo del futuro. Una risoluzione approvata in questi giorni propone di stabilire uno standard europeo per la ricarica. Un sistema di
tecnologie e infrastrutture comuni a tutti i Paesi dell’Unione che, se sarà attuata, entro il 2011 permetterà ai possessori di vetture elettriche di viaggiare su tutto il territorio comunitario rifornendosi facilmente d’energia.

Gli automobilisti dell'Unione potranno fare il pieno allo stesso modo Bruxelles così come a Parigi e a Milano. La risoluzione chiede inoltre che l’Ue sostenga la ricerca tecnologica in materia. I nuovi standard di ricarica sono visti come il primo passo per la creazione di un mercato comune dell’auto elettrica oltre che un ottimo sistema per ridurre le emissioni di Co2 e contribuire alla lotta all’inquinamento e al cambiamento climatico. I dati della strategia sull’auto appena approvata dalla
Commissione europea rivelano che entro dieci anni il numero di auto in circolazione sarà pressoché raddoppiato.

Da 800 milioni di macchine tuttora esistenti si passerà a 1,6 miliardi di veicoli. In questo quadro un ruolo chiave spetterà ai governi dei vari Paesi membri. Secondo la proposta del Parlamento “Ogni Stato dovrà sostituire i veicoli pubblici con mezzi elettrici, mentre l'Unione europea dovrà introdurre le infrastrutture non appena gli standard saranno stati definiti. Infine – si legge in una nota - la risoluzione invita la Commissione a fornire un calcolo globale delle emissioni complessive di CO2 dei veicoli elettrici e sottolinea tenuto conto che l’introduzione di standard comuni non dovrà ostacolare ulteriori innovazioni nel settore dei motori dei veicoli convenzionali”.

mercoledì 19 maggio 2010

La Comunicazione ambientale. Analisi di un caso concreto: la raccolta differenziata

Progetto I.S.A.

Interventi per la Sostenibilità Ambientale

“La Comunicazione ambientale. Analisi di un caso concreto: la raccolta differenziata”

di Maurizio Maione

ABSTRACT

Le attività di comunicazione di un soggetto pubblico o di un qualsivoglia organismo o azienda, non possono essere improvvisate secondo le necessità del momento.

Esse devono essere pensate e ragionate, organizzate in un programma che consenta di ottenere, oltre che il massimo risultato da ogni azione, anche le massime sinergie tra le diverse azioni di comunicazione.

Nell’organizzazione della raccolta differenziata un posto di rilievo spetta alle attività di informazione e promozione di comportamenti corretti da parte dei cittadini e di altri utenti. Nello stesso tempo un comune o un’azienda può capitalizzare le tante iniziative di comunicazione che i consorzi di filiera e lo stesso Conai vanno realizzando (con sempre maggior intensità) in questi anni.

Il documento, che qui si propone in abstract, non rappresenta un trattato completo su come organizzare una campagna di comunicazione per sensibilizzare i cittadini sulla raccolta differenziata. Vuole essere un insieme di appunti, fatti da un operatore che da anni lavora nel settore della comunicazione, per ricordare alcune regole base, segnalare alcuni strumenti che si sono dimostrati validi e suggerire alcune attenzioni.

Il relatore parte dalla definizione di un piano di Comunicazione. Ogni iniziativa o nuovo servizio dovrebbe sempre essere accompagnato da un piano di comunicazione, quel documento, cioè, che raccoglie l’analisi dello scenario, la scelta dei target, gli obiettivi, le strategie, le azioni, il budget e la tempificazione delle azioni.

Il documento affronta gli step che portano alla sua redazione: dalla definizione degli obiettivi e della strategia della comunicazione, all’individuazione delle diverse categorie dell'universo dei pubblici di riferimento, delle funzioni e del ruolo di ognuna di loro nel sistema di comunicazione generale, all’elaborazione del Piano operativo, all’identificazione delle iniziative di comunicazione più diffuse ed efficaci per il successo di una campagna di informazione sulla raccolta differenziata.

La prima cosa da fare è definire in modo chiaro quali sono gli obiettivi di comunicazione. Tali obiettivi, dai quali deve dipendere la strategia di comunicazione, non sono, ovviamente, quelli statutari, bensì quelli di breve periodo, definiti normalmente nel progetto, in modo da indirizzare l’attività verso determinati settori, aree e risultati (valorizzazione dell'attività e dei risultati conseguiti; creazione di una identità e rafforzamento dell'immagine; aumento della visibilità; creazione di canali costanti di comunicazione verso l'esterno, in particolare verso alcune categorie di pubblici di riferimento).

Lo step successivo tenta di riformulare in categorie l'universo dei pubblici di riferimento, considerando quale possa essere (o diventare) la funzione e il ruolo di ognuno di loro nel sistema di comunicazione generale:

• I moltiplicatori potenziali della comunicazione (i media; l'associazionismo ambientalista; gli assessorati all'ambiente degli Enti territoriali; gli Enti e gli Organismi istituzionali di riferimento);

• Gli 'utenti' (il mondo industriale, le sue associazioni e confederazioni; la grande distribuzione e il commercio; gli operatori privati e il terziario dei servizi ambientali; le aziende municipalizzate e le loro confederazioni; le associazioni dei consumatori; la pubblica amministrazione in generale);

• Gli altri soggetti (i sindacati; le associazioni professionali; il mondo accademico e della ricerca; la scuola; le famiglie.

Vengono descritte, poi, le caratteristiche e le regole che deve possedere la strategia di comunicazione (essere consequenziale e funzionale agli obiettivi dell’Ente e al piano strategico del progetto che si vuole comunicare; essere articolata in un piano di azioni e strumenti che rispondano a criteri di efficacia ed economicità; valere per un arco temporale sufficientemente lungo per poter raccogliere i risultati; essere costruita attorno ai messaggi che si vogliono comunicare; ecc.). E ci si sofferma su:

• l’importanza del coordinamento delle attività di comunicazione necessaria per assicurare uniformità dei messaggi e dello stile ed evitare duplicazioni, sovrapposizioni o, peggio, messaggi contradditori o addirittura controproducenti;

• la necessità di una costante e aperta collaborazione tra l’Ente e gli altri partner (nel settore della Raccolta differenziata sono sempre auspicabili) al fine di consentire di valorizzare adeguatamente tutto il patrimonio di informazioni, conoscenze e novità che, spesso, non viene adeguatamente sfruttato.

Il passaggio immediatamente successivo alla strategia di comunicazione è l’elaborazione del cosiddetto Piano Operativo: un documento che definisce nel dettaglio le caratteristiche di ogni azione o strumento di comunicazione individuate dalla strategia, articolando la programmazione temporale:

a) delle attività necessarie per realizzare ogni singola azione/strumento (pianificazione necessaria ad organizzare il lavoro all’interno della funzione e tra le funzioni aziendali);

b) di tutte le azioni/strumenti da realizzare (pianificazione necessaria per distribuire nel tempo le risorse umane ed economiche, per calibrare le sinergie tra le azioni, per avere la visione d’insieme della strategia di comunicazione delineata).

Infine, il documento descrive le iniziative di comunicazione più diffuse ed usate, mettendo in rilievo criticità ed attenzioni.

In particolare si sofferma su:

1. le iniziative di ufficio stampa e relazione con media;

2. la produzione editoriale e audiovisiva;

3. la diffusione mirata di documentazione;

4. l’organizzazione di eventi, di convegni e di incontri mirati;

5. l’organizzazione di presenze a manifestazioni espositive;

6. la pianificazione e la realizzazione di campagne pubblicitarie su progetti specifici;

7. iniziative di relazioni pubbliche.


Leggi la versione integrale del documento distribuita nel corso delle attività formative del progetto I.S.A.


domenica 9 maggio 2010

Anche voi foste stranieri.




Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali…

(Ottobre 1912 – Dalla relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli USA)


Anche voi foste stranieri. L'immigrazione, la Chiesa e la società...
di Don Antonio Sciortino (Direttore di Famiglia Cristiana)


L'immigrazione costituisce una risorsa preziosa per l'Italia: in questo libro troviamo tutte le cifre del contributo al benessere del Paese. E le tante storie del lavoro di persone che occupano i più diversi settori produttivi. Ma anche tante storie di sfruttamento, emarginazione e discriminazione. Purtroppo alimentate da prese di posizione di una parte della classe politica: la Lega ma anche a volte lo stesso Presidente del Consiglio Berlusconi. Contro questa ondata xenofoba, Don Sciortino ha condotto negli ultimi anni una vibrante e argomentata campagna di opinione sul settimanale che dirige, il più venduto nell'ambito cattolico. Campagna che ha provocato accese discussioni e attacchi anche violenti, per il modo chiaro e netto in cui Sciortino ha affrontato il tema. Come fa anche in questo libro, scritto con uno stile brillante e incisivo, ricco di storie e personaggi, che documenta l'intero spettro delle posizioni assunte dalla Chiesa, da quelle del Papa agli interventi dei missionari.

venerdì 7 maggio 2010

Wi-fi all'Umberto I, 14 hot-spot per pazienti, personale e visitatori

Internet gratis e senza fili arriva al policlinico Umberto I: da oggi la copertura Wi-fi della Provincia di Roma raggiunge anche l'ospedale romano nel quale sono stati installati 14 hot-spot. La rete assicura una copertura non sono all'interno degli edifici del policlinico, ma anche in tutti i viali e le aree pubbliche all'aperto della struttura: la diffusione del wi-fi darà un servizio a 20 mila persone al giorno. Si tratta della prima struttura pubblica in cui entra la tecnologia di connessione. Tra 10 giorni verrà attivata al Regina Elena e poi al parco dell'Appia Antica, mentre al Pantheon il servizio sarà potenziato.

Con quelli inaugurati oggi salgono a 254 i punti di accesso ad internet gratis e senza fili installati fino ad oggi dall'amministrazione provinciale: 158 nella capitale e 96 nella provincia. Entro la fine del 2010 i punti saranno 500.

(06 maggio 2010) La Repubblica

giovedì 6 maggio 2010

Teramo vara la eco-giunta tutti in bici, dal sindaco in giù

TERAMO - La mobilità sostenibile prima di tutto. Il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi (Pdl) l'ha presa sul serio. E così ha bandito l'uso delle automobili per tutti i responsabili dell'amministrazione comunale. Che d'ora in poi si muoveranno in città a bordo di biciclette blu. E' questa l'iniziativa lanciata dal primo cittadino del comune abruzzese che ha firmato il Patto dei Sindaci della Commissione europea per raggiungere gli obiettivi Ue del 20-20-20. Brucchi si è rimboccato le maniche per rispettare i criteri stilati da Bruxelles sullo sviluppo sostenibile della mobilità. E "per spingere anche i cittadini a muoversi su due ruote - ha spiegato - partirà a breve un progetto di affitto condiviso delle biciclette".

Che Teramo fosse luogo sensibile alle tematiche green era già cosa nota. Ne è prova, ad esempio, il fatto che tutte le scuole pubbliche sono già dotate di impianti fotovoltaici. E c'è dell'altro. Alla vigilia della cerimonia del Patto dei Sindaci, in cui amministrazione comunali, provinciali e regionali sottoscriveranno l'impegno a percorrere la via del risparmio energetico, della riduzione delle emissioni e dell'utilizzo delle rinnovabili, tutti i rappresentanti della Regione Abruzzo, dei comuni e delle province si sono ritrovati nella sede di Bruxelles per fare il punto della situazione.

Un incontro, questo, dal quale sono emerse nuove iniziative "sostenibili". Come quella messa in campo a Chieti dove, sempre con un occhio alla mobilità, il Comune, grazie a un finanziamento regionale, realizzerà un sistema di rotonde per evitare le enormi quantità di emissioni prodotte dagli autoveicoli fermi ai semafori.

mercoledì 5 maggio 2010

Incentivi per l’auto. E per il matrimonio?

di Paola Springhetti

In Italia, c’è un modo tranquillo e sicuro di scivolare verso la povertà ed è quello di mettere su casa. Dice l’Istat che nell’ultimo trimestre del 2009 il reddito delle famiglie è diminuito del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2008, e la spesa dell’1,9%. Ma il calo del potere di acquisto dei nuclei familiari è iniziato ben prima della crisi del 2009. Dice l’Istat che già nel 2008 era cresciuta la quota di famiglie che dichiarava di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà (17%); di quelle che non riuscivano a pagare le bollette (12%) e gli abiti necessari (18,2%) o che erano in arretrato con il pagamento del mutuo.

L’Istat attesta pure che la casa si porta via il 30% sul reddito delle famiglie più povere, alle quali quindi rimane poco per tutto il resto. Dice poi che il 17,2% dei nuclei vive in condizione di sovraffollamento, e che sono quelli più numerosi a soffrirne. Dice che nel complesso sono maggiormente in difficoltà le famiglie monogenitoriali con figli minori (29,3%) e le coppie giovani.

Dice, sempre l’Istat, che nel 2008 sono stati celebrati in Italia 246.613 matrimoni, quasi la metà rispetto al 1972. Dice anche che, almeno in parte, questa istituzione è salvata dagli stranieri: ormai nel 15% dei casi almeno uno dei due sposi è di cittadinanza non italiana.

La famiglia italiana è come un castello di carte: se ne sfili una, crolla tutto. Una carta spesso sfilata è la separazione, che fra l’altro provoca molto spesso povertà (delle donne sole con i figli, ma anche dei padri separati che non riescono a mantenere due case) e rottura delle reti familiari, che restano il miglior ammortizzatore sociale.

Un’altra carta è la non volontà o l’incapacità di sostenerla per quanto riguarda il “costo” dei figli. Tra i gruppi più a rischio di povertà ci sono infatti le famiglie numerose.

Una carta ancora è la perdita di potere d’acquisto, così come il costo delle case, non importa se di proprietà o in affitto.

Sarà per questi motivi che non ci sposa più? Forse il vero motivo per cui non ci sposa è un altro: è che il matrimonio e i figli non sono collocati tra le cose da valorizzare, nella vita dei singoli e della società. Nozze e bambini non danno ruolo sociale, prestigio, successo. Non sono status symbol. Sono solo intesi come oneri senza onori.

Se il matrimonio e la famiglia fossero importanti, si troverebbero idee, politiche, fondi per sostenerli. Economicamente, per cominciare, e poi culturalmente e su tutti gli altri piani della vita. Dopo gli incentivi per le auto e quelli per le lavatrici, dunque, gli incentivi al matrimonio? Non si tratta di questo, ma del fatto che nessuno si preoccupa seriamente se non ci sposa più.

Recentemente, due amministrazioni comunali del Nord Italia hanno adottato provvedimenti discriminatori nei confronti di alcuni bambini delle scuole elementari i cui genitori non pagavano la mensa. Questo è un fatto: è più facile punire le famiglie che sostenerle.

(Questo articolo è tratto da Segno n.5-maggio 2010)

I ragazzi di via Padova

Per chi non è di Milano, ecco una descrizione del posto che Google Map se la sogna. “Lambrate è vicina a via Padova, zona contigua. In mezzo, il Casoretto, che è come l’Alsazia per la Francia e la Germania. In queste strade c’è anche adesso l’eroina, sommersa, un traffico parallelo e minore. Non visibile, c’è qualcuno che si è specializzato e coltiva il mercato di nicchia. Albanesi affezionati alla via della seta – quella dei tir turchi – hanno mantenuto buoni contatti poi la voltano a marocchini e tunisini, finché arriva alle vene”.

Ora allarghiamo, ma non troppo. Siamo in via Padova, quella che ogni tanto finisce nelle cronache per gli scontri tra sudamericani, le risse scoppiate per motivi oscuri dei cinesi, le retate degli spacciatori africani, i blitz dei Nas nelle pollerie peruviane, i caroselli degli egiziani che battono l’Italia alla Confederations Cup e bloccano Milano. Per il resto, tutto quello che succede, e succede di tutto tutti i giorni, non finisce neanche in cronaca di Milano. Tanto là, si sa com’è: finché si ammazzano tra di loro. Matteo Speroni ha scritto I diavoli di via Padova, una panoramica su uno dei quartieri più global d’Italia. Dove gli italiani lavorano in gelaterie gestite da cinesi, i tunisini bevono birra dal mattino ma diventano serissimi se si parla di religione e i ballatoi delle case di ringhiera si dividono per piano, etnia e condizione sociale partendo dai sottoscala dove battono i travestiti.

L’affannarsi sotto il cielo di questo spicchio di umanità è visto con gli occhi di un protagonista a cui non succede niente. Una cosa gli è successa tanto tempo fa, un’altra gli succede alla fine del libro. Un mondo abitato da poveri diavoli che cercano di arrivare a sera senza farsi troppo male, rassegnati alla violenza che può arrivare da ogni parte, ma soprattutto da quel mondo esterno che si crede così superiore sotto forma di poliziotto, infermiere, netturbino anche. E da finti angeli, imbevuti della dottrina che sta somministrando una veloce eutanasia alla cultura di quello che un tempo era Nord del nostro paese, Milano in testa. Come la signora Turco e famiglia che odia gli stranieri e dice che li farebbe a pezzi tutti, li vuole uccidere. Ma quando si è sposato il figlio, lei gli ha regalato l’effigie d’oro della Madonna e tutta la famiglia sull’uscio a baciarla, i crociati del terzo millennio.

In mezzo a tutto questo, squarci di poesia. Merita la descrizione di un vecchio milanese doc, finito in via Padova reduce a se stesso. “Loggionista, anarchico, libero e solo. Direttore di un’orchestra di fantasmi, anche lui ha costruito Milano, molto più di una genia di costruttori. Il cuore in mano, la mano che trema, la voce ferma, la voglia e la paura di morire”.

I diavoli di via Padova di Matteo Speroni (Cooper, 12 euro)